Nuova casa, nuova vita: una storia di accoglienza

Entro in casa e vedo la macchinina che viaggia veloce sulle pareti appena imbiancate, lasciandovi sopra i segni indelebili degli pneumatici sfrigolanti.

La vedo volare sul piano in marmo della finestra, per poi atterrare rumorosamente sul mio tavolo nuovo, rovesciando i fiori e le candele profumate che si spargono disordinatamente sul pavimento.

Vedo tutto questo e vedo anche ditate sui muri, macchie di salsa, impronte di scarpe sporche dopo la corsa al parco e sento le urla, i capricci e i pianti notturni del bimbo di poco più di due anni che con la sua mamma sono ospiti a casa mia, a seguito del programma di co-housing che ho appena accettato di realizzare.

Questo è stato il mio incubo ricorrente fino quando l’ho visto. K., intendo.

In realtà fin dal momento in cui me lo sono trovato in casa, arrivato in braccio alla sua mamma L., ho capito che le mie paure, i miei timori, le mie ansie erano del tutto infondati.

Non solo per l’affetto che un frugolo di qualche chilo riesce subito a strapparti, ma anche per la disponibilità e la cortesia della sua mamma, che ha fatto il massimo per entrare “in punta di piedi” nella mia vita, cercando di non interferire troppo con i miei ritmi e la mia quotidiana routine.

Il salto da single impenitente, che ha bisogno di silenzio e di godersi tutti i suoi spazi, a “zia” (così mi chiama il cucciolo) è stato quasi indolore, così come mi sono subito abituata all’idea di ritornare a casa, sapendo che non mi sarei trovata da sola ma sempre con qualcuno ad accogliermi, un bimbo che mi corre incontro per salutarmi con un bacione e la mamma che mi chiede come sia andata la mia giornata!

Certo, ho dovuto anche rendermi conto che non avrei avuto quasi mai la possibilità di restare completamente da sola in casa, nemmeno qualora avessi voluto esserlo.. e devo ringraziare anche il mio fidanzato, che ha subito passivamente ed ha subito fatto sua la mia scelta (anche lui è diventato ZIO!!).

La quotidianità scorre via facilmente; L., quando non lavora, si dedica costantemente alla cura della casa, impedendomi, nel vero senso della parola, di alzare anche solo un dito per riordinare o fare pulizie di qualsivoglia genere, mentre il piccolo K., dopo pochi giorni di comprensibile adattamento alla nuova collocazione e ormai abituatosi soprattutto alla nuova, “ruvida” zia, quasi non lo si sente più.

Per dirla tutta, sono ormai così frequenti i momenti in cui me lo trovo in braccio a farsi coccolare, durante i quali, sorprendendo per prima me stessa, mi trovo a domandarmi se si diverta più lui o io.

Come dice L., siamo diventati una famiglia.. una famiglia un po’ fuori dall’ordinario ma.. cosa fa famiglie più della condivisione , del sostegno e dell’affetto che lega le persone?

Certo, abbiamo tutti la consapevolezza che questo progetto ha una scadenza, stiamo anche lavorando in tal senso per permettere a L. di trovare una casetta tutta sua, dove poter crescere il suo bimbo con il marito ma la quotidianità è anche questo… fare programmi, pianificare, sognare…

E chissà che a medio termine si riesca davvero ad andare in Nigeria a trovarli. Sarebbe ideale come meta per un eventuale futuro viaggio di nozze!!!